PSE e sostenibilità

Alla ricerca di consensi, il dibattito sul PSE sta prendendosi nei palinsesti, sulla stampa e negli eventi pubblici anche se virtuali, organizzati sempre più frequentemente, il giusto spazio che si merita vista l’importanza per la Città tutta del progetto infrastrutturale, anche se purtroppo visti i tempi molto ristretti, troppo in ritardo.

Partendo dal presupposto che la struttura sportiva necessita ed è imprescindibile vista la fatiscenza evidente di quella attuale, l’idea di costruirla con l’aiuto dei privati, ai quali evidentemente per attirarli, un ritorno di un certo tipo gli va dato, può starci e non lo contesto in linea di massima; viene fatto del resto anche altrove e non solo in Svizzera.

Il coinvolgimento dei privati ed il loro relativo ritorno deve però basarsi sul concetto perentorio del “do ut des” con i dovuti pesi e contrappesi, e cioè deve ricondursi e corrispondere a dei precisi criteri strategici progettuali per l’area in questione che ci si è prefissati, ne cito solo alcuni: qualità di vita, mobilità intelligente ed accessibile, traffico, ambiente, socialità, energia.

Dico questo, perché in tutti i vari dibattiti, sento spesso parlare di “riqualifica del comparto”, il che ci sta, ma riqualificare non significa costruire due torri e tre o quattro palazzine in mezzo al “deserto” solo perché con quelle ci si finanzia lo sport; esercizio questo alquanto pericoloso e dagli impatti futuri imprevedibili in termini di pianificazione del territorio cittadino.

Riqualificare significa avere visioni strategiche precise e di ampio respiro per il quartiere, ed il suo corretto inserimento nella pianificazione globale, che coinvolgono una serie di componenti e relativi impatti che vanno studiati attentamente non solo nell’ambito del quartiere stesso in questione ma nel complesso cittadino intero.

Riqualificare un’area può anche significare impoverirne delle altre, dunque la visione d’insieme è necessaria ed imprescindibile, e deve prendere in considerazione variabili importanti quali per esempio dove si vuole arrivare in futuro con la Città intera in termini di crescita e sviluppo, e non basta dunque “abbellire” l’entrata della porta nord della Città, esercizio del tutto fine a sé stesso, se non inserito in un contesto allargato dell’intera area.

Questo concetto di rigenerazione urbana, perché di questo si tratta, deve partire dal basso e va discusso e condiviso con la popolazione tutta a seconda dei bisogni effettivi di tutti, e non di alcuni, perché ne va del futuro delle generazioni che verranno.

Sento vieppiù solo parlare di edificazione di torri e palazzine circostanti, ma non ho mai sentito accennare, se non nel messaggio municipale in modo molto circoscritto e riduttivo, dunque a mio avviso del tutto marginale in termini di sostenibilità, concetti pianificatori di grande attualità adottati ovunque nel mondo, quali: modello sostenibile di quartiere organizzato, cooperative abitative o nuove forme abitative in genere, impatti sociali, spazi verdi comuni, e quant’altro faccia intravvedere che ci sia stata una reale analisi a tutto tondo della questione, e non semplicemente costruire l’ennesimo quartiere dormitorio.

Riqualificare un quartiere vuol dire anche e soprattutto conferirgli il più possibile vita autonoma, che significa che deve poter beneficiare di tutta un’infrastruttura propria che fa sì che non bisogni per forza   andare nel quartiere accanto per comprare il pane, andare a scuola, al lavoro, dal medico e quant’altro crea traffico, inquinamento, ed assenza di vita di quartiere.

Per concludere non penso dunque che la validità di un progetto di questo calibro possa venir stabilita tra la parte pubblica e quella privata solamente in base a criteri meramente di ritorni economico finanziari, quanto invece vada supportata da visioni strategiche a tutto tondo, proiettate sul futuro, alle quali proprio i privati devono adeguarsi con proposte condivise e conformi ai reali bisogni della popolazione.

Sono dunque per questi motivi scettico sul “baratto” pubblico privato così come studiato.

L’alternativa, e se ne è accennato è l’utilizzo del debito, concesso da enti all’uopo predisposti mediante strumenti finanziari “sartoriali”, che conferiscono allo stesso carattere certamente più sostenibile e a buon mercato che senza dubbio lascia più spazio, libertà ed autonomia nella gestione del progetto nel suo insieme.

Articolo apparso sul portale Ticinotoday il 25 febbraio 2021

https://www.ticinotoday.ch/content/franco-marinotti-pse-e-sostenibilita

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