Il post pandemia, l’ambiente e i progetti infrastrutturali

Articolo apparso sul portale Ticinotoday in data 14.10. 2021
https://www.ticinotoday.ch/

Il Covid con i suoi gravissimi effetti pandemici sulla società, portava con sé non solo devastazione umanitaria ma forse anche un’opportunità creatasi come diretta conseguenza del lock down generalizzato, per consentirci di riflettere sul passato ed il presente, e permetterci di rettificare ed aggiornare atteggiamenti e comportamenti obsoleti, per affrontare un nuovo futuro, promuovendo riforme mirate e cambiamenti di percorso.

Si presentava l’occasione di fermare quel vortice inesorabile fatto di automatismi e consuetudini, radicate a rigide e statiche concezioni sulla gestione del mondo, che ne bloccano il superamento verso una società più moderna, più sensibile sotto tutti i punti di vista.

Ma abbiamo tutti perso un’immensa opportunità di svolta, il treno è passato senza che noi potessimo salirci; non tutte le fermate sono obbligatorie.

Così tutto sembra essere destinato a ricominciare inesorabilmente come prima della pandemia, e a poco sono valse le funeste prospettive della malattia sui meccanismi sociali dalla sanità all’economia; le previsioni catastrofiche sui pericoli imminenti sulla società ed i suoi sistemi, causati dagli eventi naturali incontrollati, quale sfogo di una natura allo stremo; la consapevolezza acquisita a mo’ di cazzotto che la ricchezza economico finanziaria è il più delle volte fine a sé stessa, e non dà per chi la possiede, precedenze ne garanzie sociali alcune; e a poco sono valse le iniziali paure generate dallo sgretolarsi in un batter d’occhio di gran parte di certezze acquisite negli anni, poi rivelatesi false credenze, in termini di invulnerabilità agli eventi esterni e di sicurezze sulle dichiarate effettive capacità difensive dei nostri sistemi di prevenzione e monitoraggio alle vieppiù latenti avversità.

Certamente lo Stato e la politica, con spesso il tacito consenso di una buona parte di società civile, non ha contribuito negli anni, destinando le dovute risorse, a risolvere con criterio ed efficacia, gran parte di criticità con le quali ci confrontiamo, venute all’improvviso a galla come effetto della pandemia, sia dal punto di vista sociale, economico ma soprattutto da quello della difesa ambientale.

Diminuiscono i contagi, scema la paura, si accorcia di pari passo la memoria del dramma subito, e delle cause che lo hanno generato, da riportarsi vieppiù al nostro modo di confrontarci con la natura.

Il mondo si risveglia dal torpore e riparte inesorabile ed a pieno ritmo il motore delle politiche di sfruttamento ad ogni costo sia quel che sia dell’ambiente, erodendo sempre più gli equilibri naturali, che garantiscono la conservazione dell’ecosistema.

Già ci si dimentica di quel principio di sviluppo sostenibile, del quale si iniziava timidamente a dibattere agli inizi della pandemia, presi dal terrore del contagio, come conseguenza dello spillover, e a prendere così finalmente coscienza che gli ambiti sociali, economici compresi quelli ambientali nel loro insieme sono necessariamente interconnessi, e se intervieni su di uno, devi tener conto degli impatti sugli altri.

Se questa correlazione viene ignorata talvolta per convenienza, e non si implementano con chiare strategie, riforme incisive e trasversali a questi ambiti, messe in atto dall’azione politica in tutti i suoi livelli, federale, cantonale e soprattutto comunale per la vicinanza al territorio, mettiamo a lungo andare a serio rischio il nostro benessere e la nostra sopravvivenza futura in un ambiente che sarà sempre più ostile alla nostra specie.

Strategie territoriali, piani regolatori, quartieri intelligenti, fiscalità ecologica, sono strumenti essenziali a disposizione, che la politica deve perseguire senza compromessi e con forza, proponendo le dovute riforme, per risolvere alla fonte i problemi legati allo sfruttamento incontrollato e disorganizzato del territorio.

Riforme che devono soprattutto mirare al ridurre il consumo eccessivo di energia, ancora in gran parte fossile, nell’attesa che le rinnovabili siano in grado di colmare le esigenze, ottimizzando il nostro modo di vivere e di relazionarci con il territorio, il lavoro, la scuola, lo svago la famiglia.

Consumare meno energia, si sa, non significa rallentare l’economia, quanto invece adoperarsi per una crescita ed uno sviluppo sostenibile, così da ridurre i consumi inutili, organizzando il territorio con politiche urbanistiche lungimiranti che ne ottimizzino l’utilizzo, per evitare per esempio inutili e continui spostamenti generatori di traffico per recarsi al lavoro, a scuola o partecipare ad eventi pubblici, quali sport e cultura.

Credo purtroppo che opere infrastrutturali cittadine, in prossima votazione, quali il polo sportivo così come concepito non vada in questa direzione, e crei invece oltre che ad uno smisurato spreco economico, con un impiego spropositato ed ingiustificato di risorse, un impatto indesiderato e non correttamente panificato sul territorio, in termini di traffico, viabilità, verde urbano, abitabilità e tolga inoltre risorse future importanti a progetti più essenziali e vicini alle primarie esigenze dei cittadini quali strutture meno eclatanti come per esempio asili e scuole.

Lo stesso rischio lo corrono in futuro i progetti allo studio quale il polo congressuale, che a mio avviso già in partenza non tengono sufficientemente in considerazione tutta una serie di impatti diretti ed indiretti sulla città, di tutte quelle variabili sopra descritte, che potrebbero inficiare la valenza del progetto stesso, non tenendo correttamente conto appunto del grado di interconnessione tra i vari ambiti, economico, sociale ed ambientale.

Non è tutto oro quel che luccica, e gli abbagli architettonici, e le presunte promesse di riqualifiche in gran parte solo estetiche di interi quartieri, rischiano di tradursi in un effetto boomerang per la città.

Votiamo con coscienza ai prossimi appuntamenti!

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