L’imposta sull’energia suona bene – ed è in realtà ancora meglio – di Thomas Vellacott

Ripubblico integralmente la traduzione dell’articolo scritto da Thomas Vellacott, CEO del WWF Svizzera ed in precedenza consulente aziendale e nel settore bancario, per la Neue Zürcher Zeitung del 02/02/2015

“Un regime fiscale più semplice, un freno al mutamento climatico, incentivi per l’industria e la ricerca spaziale in Svizzera, una spinta alla svolta energetica. Suona piuttosto bene ciò che promettono i promotori dell’iniziativa “Energia invece dell’ IVA”, un po’  come nella pubblicità dei detersivi.  Sarà vero?  A differenza di quanto accade con un detersivo, in questo caso le affermazioni si possono verificare ancor prima di doverle sperimentare direttamente.

Allora facciamolo! Un anticipo: sia gli iniziativisti, sia gli avversari ne sopravvalutano gli svantaggi.

Una riforma fiscale ecologica corregge il malfunzionamento dei mercati: i mercati funzionano solamente se i prezzi dei beni e dei servizi rispecchiano la totalità dei costi. Ciò si basa sul principio “chi usa paga”, e assicura la distribuzione ottimale delle risorse. Nella pratica, i costi ricadono spesso sulla collettività. La riforma fiscale ecologica integra tali costi esterni all’interno del prezzo del bene. Oltre a risultare onesta, questa pratica è doppiamente utile: grazie ai prezzi più equi si verifica un’emissione inferiore di sostanze nocive per l’ambiente, e viene posto in essere un migliore funzionamento del mercato.

Una riforma fiscale ecologica rallenta il mutamento climatico e dà slancio alla svolta  energetica. I nostri consumi comportano costi ambientali considerevoli. Una perdita di  circa cinque miliardi di franchi all’anno viene causata dalle emissioni nazionali di gas serra. Si arriva almeno al doppio di questa cifra se si considerano anche i danni collegati all’importazione. I costi ambientali provocati dal trasporto (senza considerare quelli climatici) ammontano a poco meno di otto miliardi di franchi. Le centrali nucleari possono garantire soltanto una piccola frazione dei costi legati al verificarsi di incidenti, come ha recentemente sottolineato il Consiglio Federale. è la società a farsi carico della quota maggiore di queste spese. Nel settore dell’energia queste distorsioni di mercato sono particolarmente forti: da una parte si ha un enorme consumo di energia. Dall’altra parte, invece, dominano i combustibili fossili e la pericolosa energia atomica, il cui costo, come si è già detto, viene sostenuto per una buona parte dalla comunità. Ciò ha dei riscontri negativi sul piano economico e minaccia le risorse naturali fondamentali.

Una riforma fiscale ecologica apre le porte ad un sistema fiscale più semplice e rende la normativa superflua: le nuove energie rinnovabili e il rendimento energetico si portanno affermare più velocemente  con la riforma fiscale ecologica, diventando più competitive. Per questo motivo, normative dettagliate e sovvenzioni numerose sono da considerarsi superflue ai fini della rivoluzione energetica. Inoltre, il regime fiscale diverrebbe più semplice nel caso in cui, come già è stato proposto dai promotori, l’IVA venisse sostituita. Secondo il governo federale, la liquidazione delle imposte costa alle imprese – soprattutto le PMI – almeno 1,8 miliardi di franchi all’anno. Un’imposta sulle energie non rinnovabili sarebbe molto più semplice da riscuotere, in quanto in Svizzera ci sono relativamente pochi importatori.

Una riforma fiscale ecologica rappresenta una spinta per l’innovazione e l’industria: Tax Bads,not Goods! Le tasse verrebbero riscosse principalmente sui beni di cui si vuole comunque limitare l’utilizzo. Quindi si preferisce l’imposta sull’importazione del petrolio al posto di quella sul lavoro del parrucchiere o dell‘ingegnere. Gli studi dimostrano che

prezzi più elevati portano ad un utilizzo dell’energia più efficente, e hanno perciò conseguenze positive dal punto di vista economico. I prezzi elevati rappresentano chiaramente un problema per le imprese ad alta intensità energetica, le quali si ritrovano a doversi confrontare con una concorrenza straniera che propone prezzi più bassi. Esiste, tuttavia, un margine di miglioramento: l’imposta sull’energia verrebbe detratta dalle esportazioni, tassando, al contrario la quota di energia grigiadi produzioni destinate alle importazioni. Dal momento che tutte le importazioni e le esportazioni vengono suddivise in base ad una classificazione tariffaria doganale, ciò sarebbe possibile ad un costo ragionevole.

I critici dell’iniziativa si richiamano spesso anche ad altri due punti: la modifica del sistema finora esposta sarebbe

antisociale, e comprometterebbe l’intero sistema fiscale mescolando obiettivi di incentivo e fiscali.

Entrambi gli aspetti  vengono sovrastimati, poiché sia i sostenitori, sia i critici tendono a sottovalutare, nei loro calcoli, le  importazioni di beni di consumo.  Come avviene oggi per l’IVA, la tassazione delle merci importate (o della loro energia grigia) garantirebbe più della metà degli utili derivanti da una tassa sull’energia. L’onere dovrebbe quindi essere simile, per ricchi e poveri, a quello sostenuto oggi con l’IVA. Inoltre, la quota di energia grigia non rinnovabile presente all’interno dei beni di importazione calerebbe con minore rapidità, circa quanto il consumo di combustibili fossili in Svizzera. Di conseguenza, le aliquote dovrebbero aumentare con minore rapidità, per poter mantenere stabili gli utili.

Anche se il consumo diretto e indiretto di energie non rinnovabili dovesse dimezzarsi nel corso dei prossimi dieci anni, l’aliquota verrebbe solo raddoppiata. L’olio combustibile e la benzina sperimenterebbero quindi, nel 2030, un supplemento di circa 1,10 Franchi per litro. Promemoria: proprio il prezzo della benzina è sceso in sei mesi di 40 centesimi al litro.

Se la riforma fiscale ecologica conducesse un giorno al quasi totale inutilizzo dei combustibili fossili,

la tassa sull’energia verrebbe applicata su altre risorse, con costi esterni elevati – al fine di mantenere stabili gli utili e per migliorare l’impatto ambientale e l’efficienza di mercato.

Abbiamo perso già molti anni argomentando che una riforma fiscale ecologica sia corretta in principio, ma carente dal punto di vista attuativo. Si attendono ancora proposte migliori dalla critica.

Per il WWF non è importante che venga abolita l’IVA o qualsiasi altra imposta a favore di questa, o che le imposte vengano distribuite direttamente tra la popolazione e le imprese. Ciò che conta, è che la Svizzera faccia finalmente uso dei vantaggi di una tale riforma.”

 Thomas Vellacott, CEO del WWF Svizzera

Clicca qui per leggere l’Articolo NZZ in tedesco

Share